Per la Rubrica ORIZZONTI: Io difendo l’uomo. Temi umanistici a cura di Giuseppe Battaglia. Presentazione di libri e articoli psicoanalitici – letterari, per una ricerca costante, un aggiornamento permanente, ad orientamento interpersonale – relazionale.

In questa raccolta Fromm affronta le lacerazioni dell’uomo automatizzato, pone una sfida al sistema alienante della mercificazione delle emozioni, alle spinte necrofile che lo riducono in fantasma di se stesso. Considero questa lettura importante perché affronta le disperate compulsioni competitive e i successi fraudolenti. Questo è uno strumento di critica in cui si dice che non si può essere uomini senza un’ autonomia da sistemi di menzogne deliranti. Prendersi cura di se e degli altri, vuol dire andare controcorrente, contro una mente che imbroglia se stessa, contro ogni forma di dittatura del malessere.  “ Benessere vuol dire essere pienamente correlati all’uomo, alla natura sul piano affettivo, significa superare l’isolamento, l’alienazione per pervenire all’esperienza della comunione con tutto ciò che esiste, e nel contempo, sperimentare se stessi come entità separata come individuo. Benessere significa essere pienamente nati, diventare in atto quello che si è in potenza; significa avere piena disponibilità alla gioia e al dolore ……. “ (p. 99, Psicoanalisi e Buddismo Zen).  E’ possibile rinascere?  Si, una rinascita è sempre possibile tenendo in moto un instancabile spirito critico realistico, sgombro da pregiudizi ottimistici tramite valori umanistici, non predicati ma praticati, questa fu la forza dell’uomo del rinascimento. In “Disobbedienza ed altri saggi” pag.65, citando Goethe, Fromm dice che: “Gli uomini recano in sé, non soltanto la loro individualità, ma anche l’intera umanità con tutte le sue possibilità”.  Dunque parla di un uomo attivo, artefice della propria sorte che sa affrontare il narcotismo  della coscienza che non sospende le vibrazioni dell’attività creativa di cui non si può fare a meno . L’alienazione è la bara delle emozioni, è il regno dell’immobilismo della ragione, questo è l’agguato più grande che si può fare alla vita, è l’eclisse della mente. L’alienazione riduce il soggetto in oggetto senza sogni ne orizzonti.  “Io difendo l’uomo” è una raccolta di scritti trattati al congresso internazionale di psicoanalisi tenuto a Dusseldorf dal 6 all’11 settembre del 1961 dove erano presenti più di 300 psicoanalisti non ortodossi provenienti da tutto il mondo, dalla Svizzera sono intervenuti H. Binswanger e M. Boss, analisti esistenzialisti. Qui Fromm tenne una prolusione sui Fondamenti della psicoanalisi, gli altri scritti sono frutto della registrazione di una conferenza < L’uomo moderno e il suo futuro > tenuta il 9 settembre. La raccolta è edita dai Tascabili Bompiani, pubblicata in Italia nel 2004 a cura del Dott. Rainer Funk, esecutore testamentario dell’opera dello psicoanalista nato e cresciuto in Germania da genitori ebrei. Emigrato negli Stati Uniti d’America per sfuggire alle persecuzioni raziali.  Possiamo dire che questa, come nello stile di Fromm, è una raccolta psicosociale che affronta le dimensioni degli effetti distruttivi dell’autoalienazione.  Per cercare di capire il fenomeno, Fromm pone alla base l’inconscio e dice che:  “L’inconscio abbraccia l’intero spettro delle possibili risposte, e conta molto quali possibilità sono favorite e quali inibite. Fondamentalmente < l’uomo di qualsiasi cultura ha tutte le possibilità: egli è l’uomo arcaico, l’animale predatore, il cannibale, l’idolatra e nel contempo è l’essere capace di ragione, amore e giustizia >. Poiché l’uomo è indispensabilmente un essere sociale, la promozione di una, oppure di un’altra possibilità dipende dal particolare tipo di società nella quale vive  (ambiente). …… “(p. 8) . Come si può constatare siamo in pieno territorio di una concezione interpersonale delle relazioni umane, dove l’ambiente costituisce l’orientamento delle emozioni, delle passioni, delinea la formazione degli orientamenti caratteriali, le teorie della mente. L’ambiente oggi sappiamo, è un costruttore inconsapevole delle vie neurali che impone i sensi di marcia, gli accessi, i divieti d’accesso alla coscienza, alla ragione. Ma come l’ambiente costituisce, l’ambiente de-costituisce, tramite la critica alla storia costituita, mal – costituita. L’uomo come mostra la storia può diventare:  < peccatore e santo, … bambino e adulto, … mentalmente sano o turbato, … uomo del passato e uomo del futuro > ( E. Fromm, 1964). …….< L’esperienza umanistica consiste nella sensazione che niente di ciò che è umano mi è estraneo, che “io sono tu”, che io possa capire un altro perché entrambi abbiamo in comune i medesimi elementi dell’esistenza umana … >.  L’uomo può dunque, prendere coscienza delle sue possibilità se non disgiunge Homo faber da Homo ludens perché nel fare e nel giocare è sempre compresa la creatività che traghetta l’essere dentro la bellezza, dove si da la coscienza dell’essere, capace di schiudere altre possibilità. Vivere è fare l’esperienza della produttività attraverso un umanesimo razionale imperniato su produttività, biofilia. Obiettivo della vita è liberare energie affettive capaci di coniugare faber e ludens, di schiudere possibilità indipendenti da qualsiasi idolatria a partire dalla propria patologia e da un narcisistico Sé che chiede sottomissione e allo stesso tempo di sottomettersi a idoli superiori. L’uomo può conseguire un adeguato sviluppo quando abbandona l’illusione del paradiso, che simbolicamente vuol dire staccarsi dall’utero materno e tagliare l’invisibile simbiotico cordone ombelicale. Quest’operazione, come quella raccontata dal biblico mito, è anche la strada che porta all’inferno, ma  è l’unica possibile, può essere percorsa con una sequenza di atti di ribellione contro l’invisibile autorità ai comandi di sottomissione dei persuasori occulti, demoni della coscienza. Per umanizzarsi è necessario saper dire di no, tagliare il cordone della simbiosi, percorrere la strada del proprio inferno, questo è l’atto che inaugura la storia umana, è l’atto che inaugura l’indipendenza individuale. Dire no significa dire che io voglio vivere con me, indipendente da te, indipendente dalla tua minaccia di abbandono, dalla minaccia di essere cancellato dalla tua mente. Il no consapevolmente detto, non come atto ribellistico, elimina la paura, il terrore dell’abbandono e  la conseguente ritorsione distruttiva contro l’altro e quando ciò non è possibile,  la distruttività, come tutti i sentimenti, deve obbligatoriamente trovare una collocazione, viene rivolta contro se stessi, contro la vitalità dell’essere. Dire no è sapersi scagliare contro le promesse di liberazione puntellate dalle menzogne, è andare contro chi è nudo e va in giro pensando di essere vestito di abiti meravigliosi. L’imperatore nudo,  per obbedienza viene visto vestito, i cortigiani esclamano che meraviglia, nessuno nella favola dava ad intendere che non vedeva i vestiti, per paura di essere escluso dalla corte. Un ragazzo disse: Ma il re non ha niente addosso,  la gente scossa dall’affermazione, ammise che il re era nudo ( Hans Christian Andersen).  La fiaba va contro la stupida arroganza del potere, va contro la paura di chi vuole compiacere l’autorità. Solo la coscienza non alienata da se stessa può riconoscere gli abiti che indossa l’imperatore. Per Adolf Eichmann burocrate alienato, non esiste differenza fra sterminio e prendersi cura di bimbi e innocenti, la vita per lui ha smesso di battere, egli compila ossessivamente tabelle di marcia, treni diretti ai campi di sterminio. Per il burocrate alienato, non c’è nessuna differenza fra carbone e persone, la sudditanza diventa il fine fondamentale. Quando gli si chiese come ha potuto fare ciò, rispose sono un burocrate, avevo da eseguire un compito, per me era importante organizzare vagoni, compilare tabelle, rispettare orari e tempi di marcia. La divinizzazione della burocrazia quando diventa comandamento porta l’uomo fuori dalla sua natura, gli da l’illusione di essere onnipotente. Come disse Dostoevskij: ” Morto Dio tutto diventa lecito “. Il demiurgo smette di creare, diventa burocrate della coscienza, diventa  alienato. Che cosa siamo non lo sapremo mai con esattezza, siamo esseri inquieti fatti anche d’insopportabile vuoto che non deve diventare terreno fertile per ogni sorta di alienazione.

Giuseppe Battaglia